giovedì 23 dicembre 2010

Dialogo tra un prof. e un professore.

Ancor prima che lui mi abbia visto lo riconosco: è il mio vecchio professore di italiano. Quanti scazzi tra di noi, per la solita storia delle due sinistre: la sua, quella di testa, Gramsci. E la mia, quella di pancia: Che Guevara. Inclina un po’ la testa, mi riconosce. Anche se ora lui è in pensione, siamo colleghi: parliamo di scuola, riforma, cultura, abbandono.

“…E dove sono i tuoi colleghi, dormono? Noi avremmo bloccato tutto: ai tempi di Berlinguer lo abbiamo fatto …”.

“Ma professore, sono altri tempi, le persone sono ripiegate, disilluse, scettiche, non è facile. Però abbiamo fatto uno sciopero!”.

“E che sarà mai uno sciopero? Dovevate perseverare. E’ vero che siete quasi tutti precari nella scuola, ma davvero non riuscite a fargli venire il nervoso a questi cialtroni? Siete così rassegnati, morti? “

“ Però intanto gli studenti stanno occupando gli istituti superiori e anche molte Università! Sono nelle strade, nelle piazze! ”

“Ma non dire stupidaggini: la verità è che non siete stati capaci, voi, docenti di oggi, di capire che bisognava unirsi e alzare un insopportabile concerto di fischi. Fischi a difesa della Cultura!”

“E allora che si fa? Me lo spieghi lei: che dobbiamo fare più di quello che stiamo facendo?”

“Mah, Figlio mio! Deve consumarsi lentamente questo buio. Intanto tu torna a far leggere i libri. A dar loro parole. Fiumi di parole e di pensieri. Che leggano, senza sosta, falli persino schiattare di lettura e di punteggiatura. Virgole, punti, punti e virgola, punti esclamativi e, finalmente, punti interrogativi. Punti interrogativi. Qualche domanda seria, nel silenzio delle loro stanze, in fondo al residuo dell’anima inizieranno a farsela. Tutti. A quel punto, vedrai, la battaglia sarà vinta, perché la protesta non sarà un ruscello, non durerà una stagione, ma sarà la pelle che li copre. A quel punto vagliela a strappare...”.

Sarà anche in pensione il vecchio, ma è ancora in grado di darmi una lezione…

Buonasera professore.

( tratto da un articolo de l'Unità )


sabato 18 dicembre 2010

A grande richiesta



Dopo il tutto esaurito:

gli Oil4Brains

[ Tutti esauriti ]

in

Pianeti Diversi
dinamiche non lineari nei rapporti tra uomini e donne


Domenica 19 Dicembre


libreria Altroquando

via del Governo Vecchio 80

ore 19:30

Per ulteriori info: libreria Altroquando


venerdì 3 dicembre 2010

Pianeti Diversi


chi ama le storie ha la testa
affollata di parole
a volte sembra che la mente
non riesca a contenerle tutte
le parole
allora le semplifichiamo
riducendole in categorie, nomi
verbi,aggettivi, immaginando
quanti più sinonimi possibili
come se incasellandole
riuscissimo a fermarle per l'attimo
necessario a fare in modo
che loro ci riconoscano
ma certe volte non basta
certe volte dobbiamo gridarle forte
affinchè si accorgano di noi
oppure bisogna stare davanti
ad un microfono, perchè tornino
a raccontarci
chi ama le storie CHIAMA le storie

martedì 7 Dicembre ore 18:00

@

libreria
Rinascita, Viale Agosta 36

gli

Oil4Brains


in

P i a n e t i D i v e r s i

or: How I Learned to Stop Worrying and Love the Woman



lunedì 15 novembre 2010

Koràle






Amici, conoscenti, condomini, amanti, fidanzati, mariti, mogli, fratelli, sorelle, meccanici di fiducia, colleghi, veterinari, palombari, gestori di negozi di articoli sanitari, postini, gommisti, parroci, vecchie professoresse, uomini di fatica, etc:

Akkorrete!

Domenica 28

ore 18:00

Via M. Ugo Guattari n° 50

{[( per info, andate qui )]}



sabato 14 agosto 2010

vecchie usanze

Era consuetudine che le donne, per evitare si divaricassero i piedi a causa di una naturale propensione post-mortem delle anche alla rotazione esterna, legassero fra loro le scarpe della salma. Un ultimo ossequio alla forma.
Per converso e per tradizione il saluto definitivo veniva dato dagli uomini, valicata l'uscita l'ultima gonna, l'amico più caro scioglieva i piedi del defunto, affinchè libero potesse camminare nell'aldilà. Un ultimo riguardo alla sostanza.

martedì 22 giugno 2010

Redarguitti


Sabato 26 Giugno

ore 21.30

alla Festa dell'Unità

a

Caracalla

gli

Oil4brains

in


scrittiREDarguitti
(red hot chili paperz)


ci accompagneranno musicalmente i Furia Elettrica

giovedì 13 maggio 2010

Hai messo il sale all'acqua?



Domenica 16 Maggio

ore 18:00

all' Arcospazio di Montesacro

via Monte Tesoro n°1

gli

Oil4Brains

in:

" E se... "

letture pubbliche volte a seminare il dubbio e favorire la riflessione

[durante la serata si potranno acquistare i testi degli Oil4Brains!]

(per giungere a destinazione, cliccare qui )

{per ulteriori informazioni e per acquistare una copia dei testi,scrivete a: oil4brains@gmail.com}

lunedì 3 maggio 2010

Regina Coeli Ora Pro Nobis


“ Lo devi ammazzà stò fascistone, mettilo sotto! ”

“ Daje che aspetti, si nun lo fai tu lo famo noi! “

“ Ammazzalo, ammazzalo! “



Porto il tram da quando è iniziata la guerra. Ho fatto viaggiare gente comune, fascisti e partigiani, di questo sono sicuro. Non sono un convertito dell’ultima ora, io la tessera della Cgil l’ho sempre tenuta in tasca. Quello che è steso sui binari, gonfio di botte da non potersi più muovere, io non so neanche chi sia. Me lo spiegano per sommi capi, e ogni due parole gli assestano un altro calcio.

Quel corpo disgraziato appartiene a Donato Carretta, ex direttore del carcere di Regina Coeli, e testimone d’eccezione al processo Caruso. Pietro Caruso è un personaggio di cui non potete aver memoria, ma all’epoca non c’era romano che non lo conoscesse. Fu questore della polizia di Roma negli anni infami del fascismo, e fu lui a scrivere 50 dei 333 nomi delle Fosse Ardeatine. Fu il generale Kappler in persona a chiederglielo. Il Caruso, che sebbene fosse fascista non riusciva ad esser carogna fino in fondo, prese tempo, e volle parlare col ministro degli Interni. Il ministro all’epoca alloggiava all’ Hotel Excelsior, per star lontano da tutta quella confusione della guerra. Il questore lo sorprese ancora a letto, e senza farlo rivestire gli narrò tutta la faccenda. Il ministro non ebbe neanche a pensarci, che subito gli disse di fare ciò che chiedevano i tedeschi, e in gran fretta anche. Che sennò chissà cosa sono in grado di farti, quelli.

Ecco perché quella gente voleva che io schiacciassi il corpo di Donato Carretta sotto al tram: perché non avevano potuto acciuffare quello del Caruso. Il Carretta di colpe non ne aveva neanche mezza, se non quella di aver lavorato come carceriere sotto i fascisti. Si era persino raccomandato il giorno dell’attentato a Via Rasella che non portassero via i suoi carcerati, perché sapeva bene che fine avrebbero fatto. A modo suo, tentava di riparare ad una vita da secondino facendo per due minuti il samaritano. Non bastò.

Intanto mi urlavano contro sempre più forte che lo dovevo ammazzare, ma io non volevo farlo. Non potevo accettare che quella folla avesse invaso il tribunale per avere la testa del Caruso, e che poi si fosse accontentata di quella di Carretta. Le porte del tribunale erano state chiuse, ma la folla ha una mentalità troppo decisa per restarsene al di là di una porta chiusa. Quando la folla passa da una porta, è la Storia che gliela tiene aperta. Così, essendo Donato Carretta intervenuto affinché l’udienza si svolgesse regolarmente, fu lui ad essere trascinato fuori dall’aula.

Venne bastonato senza riguardi sotto gli occhi dei suoi colleghi poliziotti, in numero troppo scarso per intervenire con successo. Ormai immobile, fu trascinato sui binari lasciando che il suo sangue evidenziasse il percorso svolto finora. Ed è qui che intervengo io.

Gli mostro la tessera della Cgil. Sono un compagno,dico. Non so quanto può servire, ma rende chiara la mia posizione: non ammazzerò Donato Carretta, non lascerò che la violenza macchi il riscatto di questo paese.

La mia storia sarebbe finita qui, ma quella di Carretta e del Caruso no . Pietro Caruso verrà giustiziato il 22 Settembre del ’44, appena 4 giorni dopo l’inizio del processo. Al plotone d’esecuzione dirà: “ Viva l’Italia”.

Donato Carretta venne trascinato ancora per molti metri, fino al Tevere. Dalla spalletta, il suo corpo fu gettato nel fiume, che invece di portarlo via come un qualsiasi cadavere, scelse di farlo rinvenire con le sue acque gelide. Alcuni presero una barca, e lo seguirono per dargli la morte a colpi di remo. Furono dei bambini a ritrovare il corpo, che avevano seguito con lo sguardo mentre correvano lungo la riva del fiume. I barcaioli lo presero a bordo, e lo riportarono indietro fino a Regina Coeli. Lì, dove tutto era iniziato, lo appesero alle sbarre del cancello principale, a testa in giù, secondo un’antica usanza romana. Lo colpirono ancora con gli stessi sampietrini su cui volevano che lo tagliassi a metà. Solo allora la Storia si disperse, e con essa la folla.


giovedì 22 aprile 2010

la scelta

Nome di battaglia marco e nessuno è riuscito a farti rivelare quello vero
ho passato le ultime due ore di riposo tra un turno di guardia e l'altro cogli occhi aperti a fissare il soffitto le tue urla e il rumore sordo dei colpi non hanno fatto dormire nessuno qui in caserma e adesso ho sonno
ho sonno e ti odio perchè non mi ha fatto dormire ti odio perchè mi costringi a stare qui ti odio perchè è solo colpa tua chi te lo ha fatto fare di buttare la divisa e scappare sulle montagne coi ribelli ti odio te e tutti partigiani banditi del cazzo
marco
è con sommo piacere che ti accompagno nella tua ultima passeggiata verso il cortile interno
ti lascerò contro il muro di cinta alle cure del plotone
quanto avrai
marco?
qualcosa più di vent'anni?
cos'eri marco? uno studente figlio di papà?
mio padre mi ha sempre detto zitto e mosca che poi il podestà ci toglie la doppia tessera per il pane e tua madre è malata le tue sorelle sono solo bocche da sfamare
e tua madre è malata
a me non m'andava di mettermi la camicia nera
non ho scelto io
non ce l'avevo io una scelta
cosa eri marco mentre mi obbligavano al reclutamento
eri ancora un soldato o pensavi già a tradire il tuo paese
adesso ce l'ho io la divisa e tu non sei un cazzo
io repubblichino
tu partigiano
non sei un cazzo adesso
e stai per morire per scelta
l'hai voluto tu potevi parlare potevi evitare le botte
potevi dirgli il tuo nome vero e quello dei tuoi compagni ma non l'hai fatto
se potessi guardarti vedresti la mascella rotta che ti penzola giù dal viso
un occhio chiuso per quanto è pisto e l'altro aperto solo a metà
sanguini ancora dal naso e dalle orecchie
ogni volta che respiri pezzi di costola ti bucano la pelle
cammini verso i moschetti del plotone
eppure provi ad aprire l'unico occhio un po' di più e me lo punti contro
che cazzo vuoi
non è il tuo mitra è solo un occhio malconcio
sputi sangue e qualcosa che cadendo a terra fa rumore
un dente
o più di uno
provi a parlarmi ma non ti capisco
fai smorfie di dolore e biascichi cose incomprensibili
siamo fuori nel cortile addio marco
vaffanculo marco

l'eco della scarica si smorza piano piano
assieme a quello singolo e macabro del colpo di grazia alla testa
io e altri due camerati sbattiamo il cadavere in un vecchio lenzuolo senza troppi complimenti
dobbiamo portarlo fino in paese e attaccarlo a un palo con addosso un foglio con su scritto
"ecco la fine che fanno tutti i banditi"
non mi piace questa cosa ma non ho scelta
non ce l'ho mai avuta
adesso bisognerà fare i conti coi compagni di marco ancora sulle montagne
sani salvi e incazzati
mi viene da vomitare
non è più il rumore degli spari che mi sento dentro
è piuttosto un suono indistinto
forse parole
la voce di marco tra sangue che gorgoglia nella gola e denti rotti
alla fine capisco
mi guardava dentro con l'unico occhio aperto
mi guardava dentro per leggermi i pensieri mentre andava a morire
camminava tra smorfie e dolore e mi diceva
"c'è sempre una scelta"

addio marco
vaffanculo

lunedì 19 aprile 2010





Mercoledì 21 Aprile


ore 21:00

alla libreria Rinascita

Viale Agosta, 36

gli Oil4Brains in:

Quattro voci per Sette colli.


Letture su Roma in romanesco ed italiano per ricordarne la Storia e le storie, in occasione del suo natale.

lunedì 22 marzo 2010

La curva e la puttana

Passato il semaforo sulla Casilina giravo a destra per Via dell’Aeroporto di Centocelle .
Benellino di terza mano , pagato trentamila lire, sempre sporco e bellissimo.
Rosso, ovviamente senza faro e come sempre a manetta spalancata, sul filo, pazzesco, dei 45 chilometri orari.
Nel buio della strada bordata di prati zozzi, in un quadrato più nero di quel buio, poco prima della curva, aspettavo il rettangolo di luce asfittica che usciva dalla porta aperta.
Li c’era la baracca della vecchia puttana.
L’occhio destro a governare il manubrio alla curva , il sinistro che, tutte le volte che facevo quella strada, non poteva che distrarsi nella fugace e urgente speranza di intercettare un frammento di torbido fotogramma erotico.
La posa era fissa . Una diapositiva.
Una cicciona vecchia, mora cotonata, con le zinne quasi scoperte e i coscioni alla Gigi Riva accavallati. Stava seduta sul sedile di una millecento nella cornice della porta della baracca.
Unica variante , il ventaglio battente d’estate e una cofana di ferro con un po’ di brace davanti ai piedi d’inverno.
Stava li tutti i giorni, invitante come un’autopsia, nell’improbabile impresa di noleggiare quel monolocale sfitto che aveva tra le cosce.
Quella volta vidi la luce filtrare dalla porta chiusa. Incredibile! Ricordo che sbagliai la curva.
Gli occhi guardavano, la strada ma l’urlo del nervo ottico allertò la sala operativa della mente.
E lì parti , la proiezione privata di un film autoprodotto, girato nella luce gialla della baracca.
Alla vista della porta chiusa era già tutto pronto. Sceneggiatura, regia, suoni, luci, attori, trucco.
Non le raffinate immagini di erotismo, archiviate durante le solitarie letture.
Ma i più pecorecci brani visti su pellicole porno di bassa macelleria, tutti interpretati dalla cicciona coi capelli cotonati.
Un festival del cinema hard lungo tre secondi. Il tutto visto dal sellino di un Benelli che, derapando inesorabilmente, stava per uscire di strada.
Non finii sul prato perché….. arrivò la fine del primo tempo.
Ora, 35 anni dopo, chissà perché mi ritornano in mente questi fotogrammi di vissuto.
Nostalgia probabilmente per la ferocia di quella libido quindicenne, pronta in una scintilla a mettere in scena il desiderio. Grezza , priva di selettività nella scelta del bersaglio su cui scaricare l’arma dell’immaginazione erotica .
Dolorosa , perché tacitata a mano, non risolta e oggettivamente, a quella età , irrisolvibile .
Nostalgia insomma ….solo nostalgia!!

lunedì 1 marzo 2010

Frankenstein

Ho avuto svariate relazioni, diversi amori e molti amici. Ciò nonostante i maschi continuano ad essere degli strani animali, per me.
Alcuni tra loro sono passati senza lasciare traccia; altri hanno segnato la mia vita, ma ricordo benissimo sia gli uni che gli altri.
Enrico, per esempio, è una persona dolcissima e sensibile. Ricordo che un pomeriggio che mi trovai a passare sotto la casa che divideva con la sorella, gli citofonai per farmi invitare a bere un caffè. Lo trovai, in una stanza resa dorata dal tramonto ottobrino, a stirare le camicie sue e, udite udite, della sorella! Il televisore rigorosamente spento ed i notturni di Chopin facevano sembrare la scena quella di un film. Mi dissi che un uomo così non avrei dovuto farmelo scappare e cominciammo a frequentarci assiduamente. Peccato che avesse la pessima abitudine di scrivere tutto, ma proprio tutto quello che spendeva con una precisione ed una pazienza degna di un certosino: ovunque eravamo, insieme ai soldi tirava fuori un libricino nero dove appuntava le spese. Lo lasciai per strada il pomeriggio che sul quel libretto lo trovai a scrivere “due caffè” all’uscita di un bar.
Marco, invece, era la passione fatta uomo. Quando mi camminava accanto sentivo arrivare dalla sua parte il calore dell’inferno. Continuava a mettermi le mani addosso ovunque fossimo sguinzagliando la bestia “ch’entro mi rugge”. Mi ripeteva in continuazione che soltanto io gli facevo quest’effetto. Ma una sera, dopo l’ennesimo pomeriggio di sesso sfrenato, mentre brancolavo alla ricerca delle chiavi della macchina per riportarlo a casa, si voltò verso di me e, molto semplicemente, mi comunicò di avere un appuntamento con una vecchia fiamma con la quale già da tempo…”si vedeva”
Vogliamo parlare di Stefano? Semplicemente meraviglioso!!! Affascinante, colto, sportivo, generoso e politicamente dalla parte giusta. I suoi limiti erano…altrove: il sesso, per lui, era una vera fatica. TUTTO era preferibile al sesso. E’ durata tre settimane; anche troppo, a pensarci bene.
E Danilo? Ah, Danilo! Che persona! Ricordo che la domenica mattina, dopo la nostra prima notte insieme, quando gli proposi, vista la bellissima giornata, di andare a Trevignano a mangiare alla mitica “Casina bianca”, mi guardò smarrito e disse di avere un forte mal di testa. Insistetti e lui si convinse. In trattoria scelse un tavolo vicino a quello occupato da un gruppo di ragazzi allegri e rumorosi che avevano messo una radio tra i piatti per seguire il derby Roma – Lazio. Gli dissi che forse non era la scelta migliore ma lui, con aria sofferente, fece un cenno che voleva dire: “Che vuoi fare? Sopporterò pazientemente”. Durante il pranzo fu particolarmente silenzioso ma la sua faccia tirata la diceva lunga sul livello di sofferenza. Mi sentii un verme e decisi che, tornati a casa mia, sarei riuscita a farmi perdonare. I ragazzi vicino a noi continuavano ad incitare la loro squadra, la Lazio, che evidentemente non se la passava bene. Nel frattempo mi guardavo intorno: il sole calava con lentezza rendendo l’aria morbida e io ero veramente felice. Cercai di rendere partecipe Danilo di questa sensazione e lui fece un cenno come a dire :” Lasciami perdere, non riesco neanche ad ascoltarti” I ragazzi dicevano: No, no…. fermatelo, buttatelo giù…..nooooo” e Danilo, scattato improvvisamente in piedi,:”Siiiiiiiiiiii…….ammazzali, faje li bozzi, fajene n’artri tre!!!!” Credo che sia ancora sulla Cassia bis ad aspettare un passaggio.
Ancora oggi, che ho ..’ntasette anni, mi chiedo:” Quanti uomini ci vogliono per assemblarne uno decente??”

domenica 28 febbraio 2010

martedì 23 febbraio 2010

Brenda

Per questa città, noi siamo come la mafia.

Tutti sanno che c’è; molti la pagano per sentirsi protetti, altri perché qualcuno sia umiliato, svergognato, e fatto fuori.

Tutti lo sanno, ma nessuno ne parla.


Quelli come me costringono quelli come voi all’omertà, vi impediscono di pensare che fine abbia fatto vostro marito, rendono ridicolo il vostro pudore.

Conosco gli uomini meglio di loro stessi, so cosa vengono a cercare qui, da me.

Cercano la mamma, il papà e l’amante, tutto in una sola persona.

Perché ogni giorno della loro vita si costringono ad essere solo uomini, e qualcuno gli ha suggerito che se sei un uomo certe cose non si fanno.

Non si chiede aiuto, non si affidano i propri segreti alle mogli, non ci si mostra deboli.

Ma anche io sono un uomo.


Sono il loro migliore amico, e sono la donna che hanno sempre sognato.

Per questo mi verranno a prendere.

Perché io so i nomi, gli stessi che sapete anche voi.

Ma la vostra è una vita da spettatori, il vostro unico diritto è pagare il biglietto, e scegliere se applaudire oppure no .

Io sono l’attrazione principale, fatta per illuminare il palcoscenico per qualche minuto.

E come tutte le cose meravigliose, non vivrò a lungo.

Ma se ho potuto anche per poco vedere le vostre facce contorte dal disgusto e dalla curiosità, lo devo solo a me stessa.


Perché è sufficiente che io passeggi sul vostro stesso marciapiede, per riempirvi la testa e lo stomaco di idee che non si possono ripetere.

E se decido di tornarmene a casa ora, è perché sono stata avida, e mi cercheranno per uccidermi.


Ma non si può incolpare una stella di aver brillato.


Il nostro è un circo degli orrori, e si è aperta la caccia alla Donna Barbuta.

Verranno a cercarmi, e mi troveranno.

Perché io sono bellissima.



sabato 20 febbraio 2010

come lupi

hai fame?
hai sete?
sei spaventato?
disilluso?
certe volte ti senti il cuore nelle scarpe e tuttavia non puoi fare a meno di camminarci sopra?
altre volte senti voci che si sovrappongono rendendosi incomprensibili a vicenda
mani che battono ritmi crescenti
insieme al battito del tuo cuore
un cuore che ormai è un applauso
un diluvio avvolto di notte e coperte che dura un secondo solo
ormai lo riconosci, scivoli veloce nell'oscurita' e t'abbandoni
pensando che carne e sangue e il resto siano come il tutto
ossia, irrilevante.
fuori tutto brucia
io non riesco piu' a scaldarmi
unghie che graffiano l'asfalto
muri che crescono germogliando intorno
guardo a quanto cielo ci rimane.
certe volte sento una voce che mi chiede
hai fame?
hai sete?
ma io non so nulla e tutto immagino
il resto posso solo sognarlo, per questo andro' a dormire.

giovedì 18 febbraio 2010

Mentre qualcuno rideva

Casa dello Studente , L’Aquila 6 aprile 2009 sono le ore:

Tre e trentadue


Mentre si annoda la cravatta sul pigiama mi chiede: E lei signorina come le metterebbe in relazione?
La risposta la so professore ma mi si è staccato il braccio…
…non posso fare brutta figura lo metto nella borsetta ma non c’entra…
Ecco, un attimo professore lo appoggio qui a terra e le rispondo
non mi guardi con quegli occhi cattivi non è mai successo a lei che un braccio le si è staccato?
Lo appoggio sul vassoio della mensa e lo butto nel secchione insieme al piatto sporco con le posate di plastica
Marinaa aspetta vengo anche io a prendere il caffè!
Mi si è rotto il tacco nooo le scarpe nuove no il tacco è buono meno male
è il pavimento della biblioteca che si muove o madonna la libreria si muove come se galleggiasse ma che è sta polvere OOH! OOOH!
Mi giro male al braccio formicola apro gli occhi si muove tutto la luce del lampione dondola sul muro no dondola il muro oddio l’armadio mi viene addosso noo
la gamba ahh!
spingo con le mani tiro la gamba ahh! madonna ma perché il letto non sta fermo
calcinacci buio Mamma! terra in bocca crolla il muro del bagno crolla
oddio lèvati
Marco lèvati dalla gamba che mi fai male mamma lo vedi Marco
basta ragazzi Marco alzati gli fai male
mamma ma lei m’ha rubato il rosso
ma devo colorare le labbra della principessa
no il rosso è mio
forza alzati svelto e fatela finita
ma papà è lei che mi ruba i colori
mamma ho la sabbia negli occhi vieni che te la levo
basta fuori dall’acqua voi due venite un pò sotto l’ombrellone
Marco mi aiuti non ce la faccio aiutami
basta fermatevi non fate crollare i muri perché fate questo rumore
dove sono a letto si muove ho l’esame faccio tardi
come mi lavo se il bagno è crollato
ho sete la spesa domani Marinaaa

Ore : Tre e trentatre


il Lonfo

Oil 4 Brains


Benzina per cervelli.

Quattro inguaribili ottimisti della fantasia si riuniscono, intorno ad un'idea:


L’unico modo per non subire la Storia è raccontarne altre mille.

Storie, non l’alternativa alla Storia, ma proprio mille storie alternative.
E rubando il tempo al tempo stesso, intessono trame di parole scritte, da raccontare.
A guardarli bene si leggono ancora in loro le tracce di una antica tensione per una cultura diffusa e non verticistica.
Non vogliono arrendersi all’industrializzazione della cultura, e pensano ancora che sia possibile non essere solo spettatori.
Immaginate che sostengono che la gente ha fame e sete di storie da vivere, perché non sempre la loro e’ vivibile.
Qualche volta prendono coraggio e le raccontano a voce alta.
E allora li potrete incontrare nei luoghi più impensati, dove con generosa essenzialità incendiano la fantasia di chi li ascolta.
Rubano briciole di realtà , filamenti di vita vissuta, cocci di ricordi e fotogrammi di sogni, per inserirli nel tessuto dei loro racconti.
Non vi fidate, sono incendiari! Sono Benzina per Cervelli.
 
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