giovedì 27 gennaio 2011

giovedì 23 dicembre 2010

Dialogo tra un prof. e un professore.

Ancor prima che lui mi abbia visto lo riconosco: è il mio vecchio professore di italiano. Quanti scazzi tra di noi, per la solita storia delle due sinistre: la sua, quella di testa, Gramsci. E la mia, quella di pancia: Che Guevara. Inclina un po’ la testa, mi riconosce. Anche se ora lui è in pensione, siamo colleghi: parliamo di scuola, riforma, cultura, abbandono.

“…E dove sono i tuoi colleghi, dormono? Noi avremmo bloccato tutto: ai tempi di Berlinguer lo abbiamo fatto …”.

“Ma professore, sono altri tempi, le persone sono ripiegate, disilluse, scettiche, non è facile. Però abbiamo fatto uno sciopero!”.

“E che sarà mai uno sciopero? Dovevate perseverare. E’ vero che siete quasi tutti precari nella scuola, ma davvero non riuscite a fargli venire il nervoso a questi cialtroni? Siete così rassegnati, morti? “

“ Però intanto gli studenti stanno occupando gli istituti superiori e anche molte Università! Sono nelle strade, nelle piazze! ”

“Ma non dire stupidaggini: la verità è che non siete stati capaci, voi, docenti di oggi, di capire che bisognava unirsi e alzare un insopportabile concerto di fischi. Fischi a difesa della Cultura!”

“E allora che si fa? Me lo spieghi lei: che dobbiamo fare più di quello che stiamo facendo?”

“Mah, Figlio mio! Deve consumarsi lentamente questo buio. Intanto tu torna a far leggere i libri. A dar loro parole. Fiumi di parole e di pensieri. Che leggano, senza sosta, falli persino schiattare di lettura e di punteggiatura. Virgole, punti, punti e virgola, punti esclamativi e, finalmente, punti interrogativi. Punti interrogativi. Qualche domanda seria, nel silenzio delle loro stanze, in fondo al residuo dell’anima inizieranno a farsela. Tutti. A quel punto, vedrai, la battaglia sarà vinta, perché la protesta non sarà un ruscello, non durerà una stagione, ma sarà la pelle che li copre. A quel punto vagliela a strappare...”.

Sarà anche in pensione il vecchio, ma è ancora in grado di darmi una lezione…

Buonasera professore.

( tratto da un articolo de l'Unità )


sabato 18 dicembre 2010

A grande richiesta



Dopo il tutto esaurito:

gli Oil4Brains

[ Tutti esauriti ]

in

Pianeti Diversi
dinamiche non lineari nei rapporti tra uomini e donne


Domenica 19 Dicembre


libreria Altroquando

via del Governo Vecchio 80

ore 19:30

Per ulteriori info: libreria Altroquando


venerdì 3 dicembre 2010

Pianeti Diversi


chi ama le storie ha la testa
affollata di parole
a volte sembra che la mente
non riesca a contenerle tutte
le parole
allora le semplifichiamo
riducendole in categorie, nomi
verbi,aggettivi, immaginando
quanti più sinonimi possibili
come se incasellandole
riuscissimo a fermarle per l'attimo
necessario a fare in modo
che loro ci riconoscano
ma certe volte non basta
certe volte dobbiamo gridarle forte
affinchè si accorgano di noi
oppure bisogna stare davanti
ad un microfono, perchè tornino
a raccontarci
chi ama le storie CHIAMA le storie

martedì 7 Dicembre ore 18:00

@

libreria
Rinascita, Viale Agosta 36

gli

Oil4Brains


in

P i a n e t i D i v e r s i

or: How I Learned to Stop Worrying and Love the Woman



lunedì 15 novembre 2010

Koràle






Amici, conoscenti, condomini, amanti, fidanzati, mariti, mogli, fratelli, sorelle, meccanici di fiducia, colleghi, veterinari, palombari, gestori di negozi di articoli sanitari, postini, gommisti, parroci, vecchie professoresse, uomini di fatica, etc:

Akkorrete!

Domenica 28

ore 18:00

Via M. Ugo Guattari n° 50

{[( per info, andate qui )]}



sabato 14 agosto 2010

vecchie usanze

Era consuetudine che le donne, per evitare si divaricassero i piedi a causa di una naturale propensione post-mortem delle anche alla rotazione esterna, legassero fra loro le scarpe della salma. Un ultimo ossequio alla forma.
Per converso e per tradizione il saluto definitivo veniva dato dagli uomini, valicata l'uscita l'ultima gonna, l'amico più caro scioglieva i piedi del defunto, affinchè libero potesse camminare nell'aldilà. Un ultimo riguardo alla sostanza.

martedì 22 giugno 2010

Redarguitti


Sabato 26 Giugno

ore 21.30

alla Festa dell'Unità

a

Caracalla

gli

Oil4brains

in


scrittiREDarguitti
(red hot chili paperz)


ci accompagneranno musicalmente i Furia Elettrica

giovedì 13 maggio 2010

Hai messo il sale all'acqua?



Domenica 16 Maggio

ore 18:00

all' Arcospazio di Montesacro

via Monte Tesoro n°1

gli

Oil4Brains

in:

" E se... "

letture pubbliche volte a seminare il dubbio e favorire la riflessione

[durante la serata si potranno acquistare i testi degli Oil4Brains!]

(per giungere a destinazione, cliccare qui )

{per ulteriori informazioni e per acquistare una copia dei testi,scrivete a: oil4brains@gmail.com}

lunedì 3 maggio 2010

Regina Coeli Ora Pro Nobis


“ Lo devi ammazzà stò fascistone, mettilo sotto! ”

“ Daje che aspetti, si nun lo fai tu lo famo noi! “

“ Ammazzalo, ammazzalo! “



Porto il tram da quando è iniziata la guerra. Ho fatto viaggiare gente comune, fascisti e partigiani, di questo sono sicuro. Non sono un convertito dell’ultima ora, io la tessera della Cgil l’ho sempre tenuta in tasca. Quello che è steso sui binari, gonfio di botte da non potersi più muovere, io non so neanche chi sia. Me lo spiegano per sommi capi, e ogni due parole gli assestano un altro calcio.

Quel corpo disgraziato appartiene a Donato Carretta, ex direttore del carcere di Regina Coeli, e testimone d’eccezione al processo Caruso. Pietro Caruso è un personaggio di cui non potete aver memoria, ma all’epoca non c’era romano che non lo conoscesse. Fu questore della polizia di Roma negli anni infami del fascismo, e fu lui a scrivere 50 dei 333 nomi delle Fosse Ardeatine. Fu il generale Kappler in persona a chiederglielo. Il Caruso, che sebbene fosse fascista non riusciva ad esser carogna fino in fondo, prese tempo, e volle parlare col ministro degli Interni. Il ministro all’epoca alloggiava all’ Hotel Excelsior, per star lontano da tutta quella confusione della guerra. Il questore lo sorprese ancora a letto, e senza farlo rivestire gli narrò tutta la faccenda. Il ministro non ebbe neanche a pensarci, che subito gli disse di fare ciò che chiedevano i tedeschi, e in gran fretta anche. Che sennò chissà cosa sono in grado di farti, quelli.

Ecco perché quella gente voleva che io schiacciassi il corpo di Donato Carretta sotto al tram: perché non avevano potuto acciuffare quello del Caruso. Il Carretta di colpe non ne aveva neanche mezza, se non quella di aver lavorato come carceriere sotto i fascisti. Si era persino raccomandato il giorno dell’attentato a Via Rasella che non portassero via i suoi carcerati, perché sapeva bene che fine avrebbero fatto. A modo suo, tentava di riparare ad una vita da secondino facendo per due minuti il samaritano. Non bastò.

Intanto mi urlavano contro sempre più forte che lo dovevo ammazzare, ma io non volevo farlo. Non potevo accettare che quella folla avesse invaso il tribunale per avere la testa del Caruso, e che poi si fosse accontentata di quella di Carretta. Le porte del tribunale erano state chiuse, ma la folla ha una mentalità troppo decisa per restarsene al di là di una porta chiusa. Quando la folla passa da una porta, è la Storia che gliela tiene aperta. Così, essendo Donato Carretta intervenuto affinché l’udienza si svolgesse regolarmente, fu lui ad essere trascinato fuori dall’aula.

Venne bastonato senza riguardi sotto gli occhi dei suoi colleghi poliziotti, in numero troppo scarso per intervenire con successo. Ormai immobile, fu trascinato sui binari lasciando che il suo sangue evidenziasse il percorso svolto finora. Ed è qui che intervengo io.

Gli mostro la tessera della Cgil. Sono un compagno,dico. Non so quanto può servire, ma rende chiara la mia posizione: non ammazzerò Donato Carretta, non lascerò che la violenza macchi il riscatto di questo paese.

La mia storia sarebbe finita qui, ma quella di Carretta e del Caruso no . Pietro Caruso verrà giustiziato il 22 Settembre del ’44, appena 4 giorni dopo l’inizio del processo. Al plotone d’esecuzione dirà: “ Viva l’Italia”.

Donato Carretta venne trascinato ancora per molti metri, fino al Tevere. Dalla spalletta, il suo corpo fu gettato nel fiume, che invece di portarlo via come un qualsiasi cadavere, scelse di farlo rinvenire con le sue acque gelide. Alcuni presero una barca, e lo seguirono per dargli la morte a colpi di remo. Furono dei bambini a ritrovare il corpo, che avevano seguito con lo sguardo mentre correvano lungo la riva del fiume. I barcaioli lo presero a bordo, e lo riportarono indietro fino a Regina Coeli. Lì, dove tutto era iniziato, lo appesero alle sbarre del cancello principale, a testa in giù, secondo un’antica usanza romana. Lo colpirono ancora con gli stessi sampietrini su cui volevano che lo tagliassi a metà. Solo allora la Storia si disperse, e con essa la folla.


giovedì 22 aprile 2010

la scelta

Nome di battaglia marco e nessuno è riuscito a farti rivelare quello vero
ho passato le ultime due ore di riposo tra un turno di guardia e l'altro cogli occhi aperti a fissare il soffitto le tue urla e il rumore sordo dei colpi non hanno fatto dormire nessuno qui in caserma e adesso ho sonno
ho sonno e ti odio perchè non mi ha fatto dormire ti odio perchè mi costringi a stare qui ti odio perchè è solo colpa tua chi te lo ha fatto fare di buttare la divisa e scappare sulle montagne coi ribelli ti odio te e tutti partigiani banditi del cazzo
marco
è con sommo piacere che ti accompagno nella tua ultima passeggiata verso il cortile interno
ti lascerò contro il muro di cinta alle cure del plotone
quanto avrai
marco?
qualcosa più di vent'anni?
cos'eri marco? uno studente figlio di papà?
mio padre mi ha sempre detto zitto e mosca che poi il podestà ci toglie la doppia tessera per il pane e tua madre è malata le tue sorelle sono solo bocche da sfamare
e tua madre è malata
a me non m'andava di mettermi la camicia nera
non ho scelto io
non ce l'avevo io una scelta
cosa eri marco mentre mi obbligavano al reclutamento
eri ancora un soldato o pensavi già a tradire il tuo paese
adesso ce l'ho io la divisa e tu non sei un cazzo
io repubblichino
tu partigiano
non sei un cazzo adesso
e stai per morire per scelta
l'hai voluto tu potevi parlare potevi evitare le botte
potevi dirgli il tuo nome vero e quello dei tuoi compagni ma non l'hai fatto
se potessi guardarti vedresti la mascella rotta che ti penzola giù dal viso
un occhio chiuso per quanto è pisto e l'altro aperto solo a metà
sanguini ancora dal naso e dalle orecchie
ogni volta che respiri pezzi di costola ti bucano la pelle
cammini verso i moschetti del plotone
eppure provi ad aprire l'unico occhio un po' di più e me lo punti contro
che cazzo vuoi
non è il tuo mitra è solo un occhio malconcio
sputi sangue e qualcosa che cadendo a terra fa rumore
un dente
o più di uno
provi a parlarmi ma non ti capisco
fai smorfie di dolore e biascichi cose incomprensibili
siamo fuori nel cortile addio marco
vaffanculo marco

l'eco della scarica si smorza piano piano
assieme a quello singolo e macabro del colpo di grazia alla testa
io e altri due camerati sbattiamo il cadavere in un vecchio lenzuolo senza troppi complimenti
dobbiamo portarlo fino in paese e attaccarlo a un palo con addosso un foglio con su scritto
"ecco la fine che fanno tutti i banditi"
non mi piace questa cosa ma non ho scelta
non ce l'ho mai avuta
adesso bisognerà fare i conti coi compagni di marco ancora sulle montagne
sani salvi e incazzati
mi viene da vomitare
non è più il rumore degli spari che mi sento dentro
è piuttosto un suono indistinto
forse parole
la voce di marco tra sangue che gorgoglia nella gola e denti rotti
alla fine capisco
mi guardava dentro con l'unico occhio aperto
mi guardava dentro per leggermi i pensieri mentre andava a morire
camminava tra smorfie e dolore e mi diceva
"c'è sempre una scelta"

addio marco
vaffanculo

 
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